DEFINIZIONE
L'iperplasia prostatica benigna (IPB o BPH - benign prostatic hyperplasia), conosciuta anche come adenoma prostatico (BEP - benign enlargement of the prostate) o ipertrofia prostatica benigna, è una condizione caratterizzata dall'aumento di volume della ghiandola prostatica.
EPIDEMIOLOGIA
Proprio a causa dell’incremento della vita media, l’Ipertrofia Prostatica Benigna (IPB) rappresenta uno dei più comuni disturbi che si presentano all’osservazione dell’urologo. Questa patologia interessa in particolare gli uomini tra V e VII decade di vita: oltre il 21% dei pazienti di età tra i 50 e 60 anni, e circa il 50% degli uomini di età superiore ai 65 anni presenta disturbi urinari riconducibili all’ipertrofia prostatica benigna.
SINTOMI
I sintomi di esordio dell’IPB sono rappresentati dalla nicturia (l’urinare durante la notte), la pollachiuria (la necessità di andare spesso ad urinare emettendo piccoli volumi di urine), l’urgenza minzionale e la riduzione del getto urinario Tali disturbi urinari possono compromettere la qualità di vita non solo determinando disturbi del sonno, ma imbarazzando il paziente, ancora socialmente e/o lavorativamente attivo.
DIAGNOSI
L'esplorazione rettale, (palpazione della prostata attraverso il retto), può rivelare un marcato ingrossamento della ghiandola e un aumento della sua consistenza. Maggiore precisione al fine della valutazione del volume prostatico è dato dall'ecografia sia sovrapubica sia transrettale. L' ecografia dei testicoli, della vescica e dei reni viene spesso effettuata per valutare le condizioni dell'intero apparato urogenitale.
Spesso viene eseguito un esame del sangue per escludere la coesistenza di un carcinoma della prostata: livelli elevati di antigene prostatico specifico (PSA) devono farne sospettare la presenza. In tal caso può rendersi necessaria l'esecuzione di una biopsia ecoguidata per dirimere il sospetto diagnostico, in quanto numerosi fattori, anche un semplice esame rettale, possono far aumentare il livello di PSA anche in assenza di patologie neoplastiche. Esiste poi un esame, l’uroflussimetria, che misura la velocità del flusso urinario durante la minzione, permettendo di valutare la presenza e la gravità dell’ostruzione al flusso determinato dall’ ipertrofia prostatica.
TRATTAMENTO FARMACOLOGICO
Il trattamento dell’IPB comprende sia terapie farmacologiche, che rappresentano la prima scelta terapeutica, che il ricorso a tecniche invasive di tipo endoscopico o chirurgico.
Gli alfa-litici, come la terazosina, la doxazosina, l’alfuzosina, la tamsulosina e la silodosina, rappresentano la categoria di farmaci più utilizzati, ed agiscono riducendo la componente funzionale dell’ostruzione prostatica, determinando un significativo rilasciamento dello sfintere uretrale interno o collo vescicale.
Un’altra classe di farmaci è rappresentata dagli inibitori della 5-alfa reduttasi,come la finasteride e la dutasteride, che agiscono riducendo la conversione del testosterone in DHT, necessario alla crescita proliferativa della ghiandola prostatica: la riduzione delle concentrazioni di DHT determina un miglioramento dell’ostruzione urinaria attraverso la riduzione del volume prostatico.
Recentemente trovano ampio utilizzo anche fitoterapici, come la serenoa, in associazione con i classici farmaci, portano ad un beneficio dal punto di vista sintomatologico.
TERAPIA CHIRURGICA
Quando la terapia medica fallisce, si fa ricorso alle terapie invasive, che trovano indicazione in pazienti con grave ostruzione al flusso, elevato residuo vescicale dopo minzione e con infezioni recidivanti. Esistono diverse tecniche per eliminare l’ostruzione cervico-prostatica, tra cui la chirurgia a cielo aperto (adenomectomia prostatica transvescicale), le tecniche di resezione endoscopica transvescicale (TURP) e la semplice incisione transuretrale del collo vescicale (TUIP).
Le tecniche invasive determinano una complicanza inevitabile: l’eiaculazione retrograda, condizione in cui il liquido seminale, al momento dell’eiaculazione non sarà più espulso all’esterno, ma sarà raccolto in vescica ed emesso con le urine alla prima minzione. Inoltre, l’adenomectomia prostatica transvescicale viene talvolta completata con la legatura dei vasi deferenti, al fine di prevenire infezioni retrograde a partenza dalla loggia prostatica; l’ovvia ed inevitabile conseguenza di questa pratica chirurgica è la sterilità.
Tecniche di più recente introduzione, quali l’ablazione transuretrale mediante laser, l’ipertermia, la termoterapia e la vaporizzazione transuretrale mediante laser sono probabilmente gravate da minori effetti collaterali, ma per formulare giudizi attendibili su tali metodiche è necessaria una più precisa e ponderata valutazione dei rapporti costi/benefici nel tempo.
Non appare superfluo, quindi, ribadire che i pazienti dovrebbero essere indirizzati alla chirurgia solo in caso di effettiva necessità.